Valle Caudina, chiede due euro per comprare il pane
“Bravo, anche tu sei tra coloro che pensano che a Natale, vi potete lavare la coscienza. E, per tutto il resto dell’anno? Davvero pensate che con un briciolo di generosità si possano risolvere problemi sempre più gravi?”. La risposta dell’amico sacerdote è una frustrata. La telefonata si conclude con l’invito a prendere un caffè insieme in un bar, che lui non declina. Non vuole che si dica il suo nome, anche se i modi spicci, l’abitudine di non mandarle a dire e soprattutto l’impegno per le persone meno fortunate, ne fanno una persona, perfettamente, riconoscibile. Appena arriva, neanche il tempo di sedersi e gli trilla il cellulare. Un solo squillo, lui guarda il display e richiama. Parla piano, annuisce e poi rassicura, dicendo, vai pure. Poi si rivolge a me, “era una mamma che mi chiedeva due euro, due benedetti euro per comprare il pane. E sai quante chiamate come queste ricevo ogni giorno? Lo sai cosa significa non avere neanche i soldi per il pane? E lo sai che questa richiesta potrebbe arrivare dalla tua vicina, da una tua parente, da una persona che incontri ogni giorno? Li state facendo diventare invisibili. Sono persone normali. Hanno perso il lavoro o c’è solo uno in famiglia che porta qualche soldo a casa. Hanno dignità da vendere, questa donna mi ha telefonato perché sa che si può fidare di me, sa che ho mandato via, chi si divertiva a dire in giro, il nome di coloro che ci chiedono aiuto. Ed ora tu vorresti scrivere un articolo strappalacrime sulla consegna dei doni ai bambini? Toglitelo dalla testa”. Il don è un fiume in piena, si vede che è stanco, ma soprattutto è arrabbiato e, grazie a Dio non solo con me. “Tante persone stanno dando, domando. E arriva di più da chi ha poco. Ma tanti sono i cuori di pietra. Qualche volta, quando li vedo a messa, in prima fila, mi viene la voglia di fare nomi e cognomi dall’altare, ma farei peccato. È sempre più difficile, restare in silenzio”. La rabbia scema verso la delusione, a rimettere in circolo l’adrenalina è un’altra telefonata. Quando riattacca, sorride e capisco che si debba trattare di una bella notizia. Qualcuno gli ha regalato 250 euro, penso che serviranno per regali ai bimbi, ma non è così. Estrae una lista dalla tasca e barra due nomi. “Dobbiamo pensare a pagare le bollette. Se non te ne sei ancora accorto fa freddo”. Nota la mia delusione e sorride “stai tranquillo, ai bimbi abbiamo già pensato. Ognuno avrà un bel regalino, ma ora devo andare a comprare il pane”. Si alza e corre via. Sembra inseguire qualcosa di impalpabile, come la fede e la speranza.
Peppino Vaccariello